Il coach della Nazionale Ettore Messina ha rilasciato una lunga intervista a Luca Aquino del Corriere sul derby di Bologna.
Ecco un estratto delle sue parole:

“Il derby ha vissuto due età diverse: una fatta di prese in giro e di rivalità nel rispetto reciproco, poi quella successiva nella quale si è imbarbarito come tutta la nostra società civile passando a un livello di odio non tanto sportivo. Nelle prime stagioni da capo allenatore si vinceva e si perdeva ma senza l'acredine degli anni successivi. L'aumento della posta in palio ha probabilmente aumentato la tensione, però adesso non ci sono sul tavolo cose analoghe eppure la gente con le vene al collo c'è ancora.

Il mio primo derby? Il giorno del compleanno di mia figlia. Ricordo che abitavo in via Lame e andai al palazzo a piedi senza problemi. Una decina di anni dopo dovevamo arrivare scortati dalla polizia a sirene spiegate e non potevi azzardarti a uscire per strada.

Non ne sento la mancanza, l'ho sentito progressivamente come un peso. Il mio derby è finito il giorno della coreografia della V con i sederi. Quello è il punto di non ritorno, so che farò godere molti fortitudini ma è così. Con la bellezza e il fascino del derby ho finito lì.

Ora c’è molta attesa? E’ giusto così e trovo naturale la gran voglia di andare a vederlo anche se si gioca in A2.

Nel 1998? In quel periodo arrivavano giocatori di un livello che adesso non possiamo neanche immaginarci. Dobbiamo essere grati per tutto quello che fecero e ci misero Cazzola e Seràgnoli, gli sponsor e i tifosi. Per reggere la tensione ognuno provava a isolarsi a modo suo. Prima di un derby io non cambiavo le mie abitudini rispetto alle altre partite. Se riuscivo, andavo a correre e poi si andava a palazzo. Tante volte non vedevo l'ora che passasse la giornata. Dopola sconfitta in Coppa Italia fu decisivo Cazzola nel dare un segnale di fiducia alla squadra dopo quella sconfitta. Poi anche Danilovic che, sapendo di attirarsi l'odio sportivo degli avversari, sminuì la loro vittoria: lo fece per dare un segnale ai compagni di squadra e ai tifosi mettendo gli obiettivi in prospettiva europea, alle sfide con le big di Eurolega per evitare faide guelfi-ghibellini. Un'altra figura fondamentale fu Dorigo che era a sua volta capace di mettere le cose in prospettiva. L'aiuto di queste tre persone lo percepii molto. Ma quando durante le finali, tomo dal supermercato con mia moglie e dall'altra parte della strada due distinti signori mi insultano, lì ho capito che la gente si era bevuta il cervello.

Poi nel 2000 ci fu il +37 contro la F campione d’Italia, e ci diede enorme fiducia perché loro erano una squadra fortissima. All'epoca non me ne ero reso conto, poi alcuni mi dissero che se avessimo perso sarei stato esonerato da Madrigali. Visto a posteriori posso anche crederci.

Boniciolli e il “pareggio”? Di lui non posso dire nulla di male, mi è simpatico e lo stimo. È una persona molto limpida nel modo di rapportarsi, poi ognuno di noi dice cose a volte giuste e altre meno. Mi venne da dire pareggio perché perdemmo di uno e con una vittoria di due al ritorno avremmo potuto ribaltare la differenza canestri, siccome ritenevo le squadre di pari livello. Non c'era una machiavellica capacità di sviare l'attenzione dalla sconfitta facendoli arrabbiare. Negli anni è rimasta questa cosa del pareggio e mi fa ancora sorridere, ma non c'era alcuna strategia dietro

Il derby di Monaco dopo le parole di Skansi sulla nostra paura? Vincemmo quella partita, però ne uscimmo prosciugati perdendo la gara più importante, la finale.

Il clima invivibile in Italia? Confermo e mi ha fatto molto piacere che Basile, quando passò al Barcellona, disse le stesse cose. Con Treviso vincemmo uno scudetto al PalaDozza ma ai quei tempi in campo non si poteva festeggiare e lo facemmo nel sottoscala. Se questa è una bella medaglia da appuntarsi al petto, ditemelo voi.

DERBY A FORLI' PER L'ANDREA COSTA, IL GIORNO DI SANTO STEFANO
PESARO - FORTITUDO SUPERCOPPA 2001, PAGELLE E STATISTICHE